Franca Alaimo
- 27/02/2015 17:34:00
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Conosco da anni la poeta (e amica) Rossella Cerniglia, una delle voci femminili più belle e profonde della letteratura siciliana e non solo, e per questo motivo mi ritrovo a leggere con una certa sorpresa la lunga recensione che Stefanoni ha dedicato al suo libro,dovendo constatare come egli sia riuscito a individuare i nuclei più profondi di una poesia, che pur nella sua naturale evoluzione attraverso gli anni, è sostanzialmente rimasta fedele a se stessa, adottando sin dal suo inizio le figure del mito (raccontate dai classici ma rielaborate dalla filosofia) come incarnazioni di uno stato esistenziale del tutto contemporaneo: così lesilio, la disappartenenza, lincompletezza, la solitudine. Che poi si riassumono in quellatteggiamento dellattesa, che Stefanoni ha messo molto bene in evidenza. Attesa come sguardo che cerca, come tensione verso altro che il "qui e lora": una tensione metafisica, insomma, che, secondo me, sostanzia tutta la scrittura poetica di Rossella e non trova soluzione se non nella bellezza delle immagini e dei suoni, nella sensibile analisi della propria interiorità, nellarmonia della costruzione che caratterizza ogni suo testo che compie quasi un giro rotatorio intorno a se stesso, cucendo insieme apertura e chiusura attraverso sicuri avanzamenti logico-emotivi. Ogni testo è, infatti, pur nellandamento poematico della silloge, un prezioso hortus conclusus, bastevole a se stesso. Sono davvero contenta che la grande sensibilità e lacuta intelligenza di Stefanoni abbiano incontrato e compreso la non facile poesia della Cerniglia, che sa bene quanto io lammiri.
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